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Le sirene di Jeju: le donne del mare che sfidano i limiti dell’umanità

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Nel silenzio profondo delle acque cristalline che circondano l’isola di Jeju, emerge una figura leggendaria: una donna anziana, dai capelli grigi raccolti in un foulard colorato, che si tuffa nelle profondità marine con una grazia che sembra sfidare le leggi della natura. È una Haenyeo, letteralmente “donna del mare”, e rappresenta una delle tradizioni più straordinarie e resistenti della Corea del Sud.

Le acque intorno a Jeju nascondono molto più di alghe e molluschi: custodiscono una storia millenaria di donne che hanno trasformato l’oceano nella loro fonte di vita, sviluppando capacità che oggi la scienza moderna considera quasi sovrumane. Queste pescatrici subacquee si immergono senza bombole d’ossigeno fino a venti metri di profondità, trattenendo il respiro per oltre due minuti, in acque che possono raggiungere temperature glaciali.

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Un’evoluzione genetica scritta nell’acqua salata

Nel maggio 2025, una ricerca rivoluzionaria pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Cell Reports ha svelato uno dei misteri più affascinanti delle Haenyeo. Gli scienziati hanno scoperto che queste donne non sono straordinarie solo per il loro allenamento: il loro DNA porta i segni di un’evoluzione genetica unica.

Lo studio internazionale, che ha analizzato i genomi di trenta Haenyeo confrontandoli con quelli di donne non subacquee dell’isola e abitanti della terraferma coreana, ha rivelato due adattamenti genetici fondamentali. Il primo è una resistenza al freddo quasi sovrannaturale, che permette loro di sopravvivere per ore in acque gelide senza sviluppare ipotermia. Il secondo riguarda la pressione sanguigna: queste donne possiedono varianti genetiche che riducono la pressione diastolica, permettendo al loro sistema cardiovascolare di funzionare in modo più efficiente durante le immersioni in apnea.

Durante i test di immersione simulata, il fenomeno diventa ancora più impressionante. Il battito delle Haenyeo rallenta drasticamente durante l’immersione, una condizione chiamata bradicardia, permettendo loro di risparmiare ossigeno prezioso e prolungare il tempo sott’acqua. In alcuni casi eccezionali, una Haenyeo è riuscita a far diminuire il proprio battito di quaranta pulsazioni in meno di quindici secondi, una capacità che sfida ogni comprensione medica tradizionale.

Le radici profonde di una tradizione matriarcale

La storia delle Haenyeo affonda le radici in tempi antichissimi. Le prime testimonianze di questa pratica risalgono al V secolo, quando l’immersione subacquea per la raccolta di molluschi e alghe era principalmente un’attività maschile. Tuttavia, fu nel XVII e XVIII secolo che si verificò una trasformazione sociale rivoluzionaria: le donne di Jeju presero il controllo di questa professione pericolosa, diventando le vere protagoniste dell’economia marina dell’isola.

Questo capovolgimento dei ruoli tradizionali era unico nel mondo. In una società confuciana dove il potere era saldamente nelle mani degli uomini, l’isola di Jeju sviluppò un matriarcato economico senza precedenti. Le Haenyeo divennero il motore finanziario delle loro famiglie, mentre gli uomini rimanevano a casa a occuparsi dei figli e delle faccende domestiche. Era una rivoluzione silenziosa, scritta nell’acqua salata e nei polmoni che sapevano trattenere il respiro meglio di chiunque altro.

Durante il dominio giapponese, questa tradizione attraversò una fase di trasformazione cruciale. Le donne ottennero finalmente il diritto di vendere direttamente il loro pescato sul mercato, trasformando un’attività di sussistenza in un vero e proprio lavoro remunerativo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le Haenyeo continuarono a essere parte fondamentale dell’economia locale, incarnando un modello di indipendenza e forza che avrebbe ispirato generazioni di donne coreane.

La vita quotidiana delle moderne sirene

Oggi, osservare una Haenyeo al lavoro è come assistere a una danza ancestrale tra uomo e natura. All’alba, queste donne si radunano lungo le coste rocciose di Jeju, indossando le loro mute in neoprene – un’innovazione relativamente recente che ha sostituito le semplici tute di cotone fatto in casa utilizzate fino agli anni ’70. Ogni Haenyeo porta con sé un kit essenziale: maschera, pinne, un retino chiamato mangul per la raccolta, e la caratteristica boa galleggiante taewak, che serve sia come punto di riposo che come contenitore per il prezioso bottino marino.

L’immersione inizia con un rituale di preparazione mentale e fisica. Le donne si scaldano i muscoli, controllano l’attrezzatura e, soprattutto, entrano in sintonia con il ritmo del mare. Poi arriva il momento magico: l’immersione. Con un movimento fluido e silenzioso, la Haenyeo scompare sotto la superficie, iniziando una discesa che può raggiungere i venti metri di profondità.

Sott’acqua, ogni gesto è calcolato e preciso. Le mani esperte sanno distinguere al tatto i molluschi maturi da quelli troppo giovani, rispettando un codice etico di pesca sostenibile tramandato di generazione in generazione. Non si tratta solo di raccogliere: si tratta di preservare l’ecosistema marino per le generazioni future. Questo approccio conservativo ha permesso alle acque di Jeju di mantenere una biodiversità ricca e un equilibrio ecologico stabile per secoli.

Quando i polmoni iniziano a reclamare ossigeno, la Haenyeo risale verso la superficie con la stessa grazia con cui è scesa. L’emersione è accompagnata dal caratteristico “sumbisori”, un suono sibilante che producono per espellere l’anidride carbonica e ricaricare rapidamente i polmoni di ossigeno fresco. È un suono che riecheggia lungo le coste di Jeju come un canto antico, un richiamo della terra che chiama le sue figlie di ritorno.

Un patrimonio che svanisce come le bolle nell’acqua

La realtà moderna dipinge un quadro preoccupante per il futuro delle Haenyeo. Nel 2016, l’UNESCO ha riconosciuto la cultura delle Haenyeo come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, un riconoscimento che arriva in un momento critico per questa tradizione millenaria.

I numeri raccontano una storia di declino inesorabile. Negli anni ’60, si contavano circa 26.000 Haenyeo attive lungo le coste di Jeju. Oggi, questo numero è crollato a poco più di 4.000, e la stragrande maggioranza ha superato i cinquant’anni. Le giovani generazioni, attratte dalle opportunità offerte dalla modernizzazione della Corea del Sud, scelgono percorsi professionali meno rischiosi e fisicamente meno impegnativi.

La professione di Haenyeo richiede una dedizione totale che poche giovani donne sono disposte ad abbracciare. Le immersioni quotidiane per quattro o cinque ore, anche in condizioni meteorologiche avverse, i rischi legati all’apnea profonda, e la natura stagionale del lavoro rendono questa carriera sempre meno attraente in un’economia moderna che offre alternative più sicure e redditizie.

Ma c’è anche un aspetto culturale profondo in questa trasformazione. Le Haenyeo rappresentavano un modello di emancipazione femminile unico nella storia coreana, dove le donne avevano conquistato indipendenza economica e rispetto sociale attraverso le loro straordinarie abilità marine. Oggi, mentre la società coreana ha sviluppato altri percorsi per l’emancipazione femminile, il ruolo simbolico delle Haenyeo rischia di diventare un ricordo del passato piuttosto che una realtà vivente.

La scienza svela i segreti del mare

La ricerca scientifica moderna sta rivelando aspetti sempre più affascinanti della fisiologia delle Haenyeo. Al di là degli adattamenti genetici, gli studi hanno dimostrato come il loro corpo abbia sviluppato strategie metaboliche uniche per sopravvivere in condizioni estreme.

Durante l’immersione, il corpo di una Haenyeo attiva quella che i ricercatori chiamano “risposta da immersione dei mammiferi”, un meccanismo evolutivo che ridirige il flusso sanguigno dagli organi meno vitali verso il cervello e il sistema cardiovascolare. Tuttavia, nelle Haenyeo questa risposta è amplificata in modo straordinario, permettendo loro di mantenere funzioni cognitive ottimali anche dopo due minuti sott’acqua.

La termoregolazione rappresenta un altro aspetto cruciale della loro sopravvivenza. Le acque intorno a Jeju possono scendere sotto i dieci gradi centigradi in inverno, temperature che causerebbero ipotermia in pochi minuti per la maggior parte delle persone. Le Haenyeo, invece, riescono a mantenere la temperatura corporea stabile grazie a una combinazione di adattamenti genetici e fisiologici che includono una maggiore densità di grasso sottocutaneo e una circolazione sanguigna ottimizzata.

Custodi di un ecosistema fragile

Le Haenyeo non sono solo pescatrici: sono guardiane dell’oceano. La loro presenza costante nelle acque di Jeju ha creato un sistema di monitoraggio ambientale naturale che dura da secoli. Attraverso la loro esperienza quotidiana, queste donne hanno sviluppato una comprensione intima dei cicli biologici marini, dei cambiamenti stagionali e delle fluttuazioni nell’ecosistema costiero.

La loro pratica di pesca sostenibile è un modello di conservazione che precede di secoli i moderni principi di gestione delle risorse marine. Le Haenyeo seguono regole rigide: non raccolgono molluschi troppo piccoli, rispettano i periodi di riproduzione, e mantengono un equilibrio tra prelievo e rigenerazione naturale. Questo approccio ha permesso alle acque di Jeju di mantenere una biodiversità eccezionale e di resistere alle pressioni della pesca industriale moderna.

Oggi, mentre i cambiamenti climatici e l’inquinamento marino minacciano gli ecosistemi oceanici globali, l’esperienza delle Haenyeo offre lezioni preziose sulla gestione sostenibile delle risorse marine. La loro conoscenza tradizionale rappresenta un patrimonio di saggezza ecologica che potrebbe essere cruciale per affrontare le sfide ambientali del futuro.

L’eredità immortale delle donne del mare

Mentre il sole tramonta sulle acque di Jeju e le ultime Haenyeo emergono dal loro mondo sommerso, portando con sé i tesori dell’oceano e i segreti di una tradizione millenaria, ci si trova di fronte a una realtà paradossale. Queste donne straordinarie, che hanno sfidato per secoli i limiti della biologia umana e hanno incarnato un modello unico di forza femminile, rischiano di scomparire proprio nel momento in cui la scienza moderna inizia a comprendere la vera portata delle loro capacità.

Le Haenyeo ci insegnano che l’adattamento umano va oltre quello che la medicina tradizionale considerava possibile. La loro storia è scritta nel DNA, scolpita nei polmoni che sanno trattenere il respiro oltre ogni limite immaginabile, e impressa nella memoria collettiva di un’isola che ha saputo trasformare le donne in sirene e l’oceano in casa.

Forse, in un futuro non troppo lontano, quando gli ultimi echi del sumbisori saranno svaniti dalle coste di Jeju, quello che rimarrà delle Haenyeo non sarà solo il ricordo di una tradizione perduta, ma la prova vivente che l’essere umano può evolversi, adattarsi e superare i propri limiti quando trova l’armonia perfetta tra cultura, natura e determinazione. Le sirene di Jeju ci hanno mostrato che, a volte, le leggende sono più reali della realtà stessa.

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