Nascoste tra i paesaggi aspri e magnifici dell’isola mediterranea, migliaia di antiche sepolture scavate nella roccia viva hanno appena conquistato uno dei riconoscimenti più prestigiosi al mondo. Le Domus de Janas della Sardegna, poeticamente conosciute come “case delle fate“, sono diventate il 61° sito italiano patrimonio dell’umanità UNESCO, coronando un sogno lungo decenni e confermando ancora una volta il primato italiano nel panorama mondiale dei beni culturali protetti.
Un viaggio di cinquemila anni attraverso la pietra
La decisione del Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Parigi nella sua 47° sessione, ha sancito l’ingresso ufficiale di questi straordinari monumenti preistorici nella lista più esclusiva della cultura mondiale. Non si tratta semplicemente di antiche tombe, ma di testimonianze uniche di una civiltà che tra il V e il III millennio a.C. sviluppò un rapporto profondamente spirituale con la morte e l’aldilà.
Le oltre 3.500 domus disseminate per tutta l’isola rappresentano una delle più impressionanti concentrazioni di architettura funeraria ipogeica al mondo. Scavate con strumenti rudimentali ma con una maestria tecnica sorprendente, queste camere mortuarie riproducono fedelmente l’architettura domestica dell’epoca: soffitti a doppio spiovente, focolari simbolici, false porte che conducevano al mondo degli spiriti, pilastri e nicchie che imitavano gli spazi dei vivi.
L’architettura dell’eternità
Quello che colpisce maggiormente gli archeologi e i visitatori è la straordinaria varietà architettonica di questi monumenti. Dalle semplici domus a pozzetto, costituite da una singola camera circolare, alle complesse necropoli multi-camerali che si sviluppano su più livelli, ogni sito racconta una storia diversa. Le domus a camera, le più elaborate, presentano spesso decorazioni simboliche incise nella pietra: spirali, motivi geometrici, rappresentazioni di bucranii (teschi di toro) che rimandano a credenze religiose profondamente radicate nel culto della Dea Madre.
La scoperta di centinaia di statuette votive raffiguranti questa divinità femminile ha permesso agli studiosi di ricostruire un panorama religioso complesso, dove la morte non era vista come una fine ma come un ritorno alle origini divine. Le comunità neolitiche sarde credevano che i defunti, una volta deposti in queste dimore rocciose, tornassero al grembo della Grande Madre, la divinità che governava i cicli della vita, della morte e della rinascita.
Il fascino delle leggende popolari
Ma le Domus de Janas non vivono solo nella memoria archeologica. La tradizione orale sarda ha trasformato questi luoghi di sepoltura in dimore magiche, abitate dalle “janas” – le fate della mitologia isolana. Secondo le antiche credenze popolari, queste creature benefiche abitavano le grotte durante il giorno e uscivano alla luce della luna per tessere fili d’oro su telai di diamante, vegliando sui sonni dei bambini e proteggendo i pastori.
Questa sovrapposizione tra realtà archeologica e immaginario folklorico ha contribuito a mantenere vivo il rispetto per questi siti attraverso i millennii. Ancora oggi, nelle campagne sarde, è possibile sentire anziani raccontare di luci misteriose che danzano intorno alle domus durante le notti di luna piena, o di melodie etere che sembrano provenire dalle profondità della roccia.
Un percorso lungo verso il riconoscimento mondiale
Il riconoscimento UNESCO rappresenta il culmine di un processo iniziato anni fa dalla Rete dei Comuni delle Domus de Janas, un’aggregazione di 60 amministrazioni locali sarde capeggiata dal Comune di Alghero, in collaborazione con l’associazione CESIM (Centro Studi Identità e Memoria). Il dossier di candidatura, coordinato dall’Ufficio UNESCO del Ministero della Cultura, ha richiesto un lavoro certosino di catalogazione, studio e valorizzazione che ha coinvolto soprintendenze, università e comunità locali.
Il sito seriale riconosciuto è composto da 26 componenti rappresentative, selezionate tra le migliaia presenti sull’isola per la loro importanza storica, stato di conservazione e significato culturale. Questi monumenti testimoniano i fenomeni dell’ipogeismo e del megalitismo che, pur essendo diffusi in tutta Europa durante la preistoria, assumono in Sardegna caratteristiche uniche e originali.
L’impatto del riconoscimento internazionale
L’iscrizione nella lista UNESCO promette di trasformare radicalmente la percezione e la fruizione di questi siti. Se da un lato il riconoscimento porterà maggiore visibilità internazionale e opportunità di sviluppo turistico, dall’altro comporta precise responsabilità nella conservazione e gestione sostenibile del patrimonio.
La presidente della Regione Sardegna ha definito questo traguardo “un’opportunità storica” per valorizzare aspetti meno conosciuti dell’isola, spesso oscurati dalla fama delle sue coste paradisiache. Il turismo culturale legato alle Domus de Janas potrebbe infatti attrarre una nuova tipologia di visitatori, interessati alla storia millenaria e alle tradizioni autentiche della Sardegna.
La sfida della conservazione
Tuttavia, con la celebrità arrivano anche le sfide. Molte delle domus si trovano in aree rurali fragili, spesso su terreni privati o in zone difficilmente accessibili. Il crescente interesse del pubblico dovrà essere bilanciato con la necessità di preservare l’integrità di questi monumenti, alcuni dei quali mostrano già segni di degrado causato dall’erosione e dall’incuria.
Gli esperti sottolineano l’importanza di sviluppare piani di gestione che coinvolgano attivamente le comunità locali, trasformandole da semplici custodi a protagonisti attivi della valorizzazione. Solo così sarà possibile garantire che le future generazioni possano continuare a camminare sulle orme di quelle antiche civiltà che, cinquemila anni fa, guardavano alle stelle e scolpivano l’eternità nella pietra.
Un patrimonio per l’umanità
Con questo riconoscimento, l’Italia consolida la sua posizione di leader mondiale nel patrimonio UNESCO, portando a 61 il numero di siti protetti. Ma al di là dei numeri e delle classifiche, le Domus de Janas rappresentano qualcosa di più profondo: la testimonianza di come l’umanità, fin dalle sue origini, abbia sentito il bisogno di creare bellezza anche di fronte alla morte, di lasciare tracce durature del proprio passaggio sulla Terra.
Visitare oggi una domus de janas significa compiere un viaggio a ritroso nel tempo, entrare in contatto con credenze, paure e speranze che, nonostante i millenni trascorsi, continuano a risuonare nell’animo umano. È l’esperienza di toccare con mano la continuità della civiltà, il filo rosso che lega le moderne metropoli alle prime comunità agricole che scelsero di onorare i propri morti scavando palazzi nell’eternità della roccia.