Perdere i sensi, andare in coma etilico e finire in ospedale per un abuso di alcol. Questo è quanto è successo ad una ragazzina di appena 11 anni di Putignano (Bari). Sottoposta ad una lavanda gastrica e alle opportune cure, ora sta meglio, ma la vicenda fa riflettere e riaccende l’attenzione su una seria problematica più volte evidenziata dal MOIGE – Movimento Italiano Genitori, l’accesso agli alcolici da parte dei minori.
“Dalla nostra ultima indagine ‘Venduti ai minori’, realizzata con l’Istituto Piepoli è emerso che al 39% dei minori intervistati non è mai capitato che venisse loro rifiutata la vendita di alcolici per la loro età, anche quando era più che evidente che non avessero compiuto 18 anni. A peggiorare il quadro, il 22% ha dichiarato che i gestori hanno continuato a vendere loro degli alcolici, nonostante fossero già visibilmente brilli. – Commenta Antonio Affinita, Direttore Generale del MOIGE – La legge vieta l’accesso a questo tipo di sostanze ai minori di 18 anni. Ciononostante, il 57% degli intervistati, che, torniamo a ricordarlo, sono tutti minori, dichiara che non è stata verificata la loro età. Un malcostume che dilaga in tutto il Paese, ma che si fa sentire in modo maggiore nelle Regioni del Sud Italia, che porta a episodi come quello di Putignano”.
Da anni il Moige si batte affinché questo divieto venga rispettato, a tutela dei minori, che spesso sottovalutano il problema e le serie conseguenze che l’alcol ha sul loro sviluppo fisico, cognitivo e sulla possibilità di sviluppare serie dipendenze. Studi dimostrano che chi inizia a bere prima dei 16 anni ha un rischio maggiore di diventare alcolista rispetto a chi inizia dopo i 21 anni. Altro dato allarmante, il 13,4% dei ricoverati per intossicazione alcolica ha meno di 14 anni, mentre l’1% degli alcoldipendenti ha meno di 20 anni.
“Quanto è successo è colpa non solo dei venditori, ma della società intera, di tutti noi, che stiamo fallendo come educatori nell’insegnare ai nostri figli il rispetto dei divieti e ad evitare situazioni che costituiscono un rischio, dei media, che continuano a presentare questi comportamenti come qualcosa che rende socialmente accettabile, anche in format pensati ai minori, ma anche di chi dovrebbe fare i dovuti controlli, per evitare che si verifichino ancora episodi di questo genere” conclude Affinita.
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