
Alain Corbin
Terra incognita
Una breve storia dell’ignoranza
pp. 276, € 24,00, brossura con alette
collana Arcipelago
(Uscita 20 giugno)
«La storia della conoscenza non è lineare, avanza come una marea, oscillando tra intuizioni e lacune, conquiste e misteri irrisolti… Questa è l’importanza di una storia delle ignoranze, di un inventario delle lacune conoscitive per ogni periodo storico, al fine di conoscere meglio gli uomini che in quelle epoche hanno vissuto» .
Ripercorrere la storia della conoscenza scientifica significa ripristinare all’ignoranza la sua complessità e un certo suo fascino. È l’avventura della costruzione dello spazio mentale in cui la Terra è diventata un oggetto di studio . Nessun sapere nasce spontaneamente, ma si muove sempre da un vuoto, una domanda, un’inquietudine che invita a tuffarsi nell’ignoto.
Il terremoto di Lisbona del 1755 segna una frattura profonda nella rappresentazione del mondo. Scardina l’idea di un ordine naturale perpetuo e divino, aprendo la strada a nuove ipotesi, più disincantate ma ancora incerte, sull’origine dei fenomeni naturali. Tra fine Settecento e primo Ottocento le nozioni sulla crosta terrestre , sui vulcani , sui ghiacciai , sui meteoriti e sull’atmosfera restano frammentarie, spesso basate su osservazioni isolate o interpretazioni errate.
La Terra è al centro di un’intensa attività speculativa, ma i dati concreti sono pochi e spesso contraddittori. Ancora all’alba del Novecento molte aree del pianeta – dai fondali oceanici ai ghiacci polari , fino al sottosuolo – restano largamente inesplorate e circondate da congetture. L’ignoto domina, e spesso sorprende più del noto.
La storia dell’ignoranza è fatta di errori, abbagli clamorosi, ipotesi ardite o stravaganti, ma capaci di suscitare stupore. Quello descritto da Alain Corbin è uno scenario dove il non sapere diventa il formidabile motore della curiosità umana , in grado di risvegliare la sete di conoscenza e trasformare le visioni del mondo più radicate.
Alain Corbin è tra i più grandi storici contemporanei, pioniere nella storia sociale e culturale dei secoli XVIII e XIX. In Italia sono stati pubblicati, tra gli altri: Storia sociale degli odori (1986), L’invenzione del mare (1990), Breve storia della pioggia (2021).

Franco La Cecla e Piero Zanini
Lo stretto indispensabile
Storie e geografie di un tratto di mare limitato
pp. 324, € 18,00, brossura con alette
collana Agorà
(Uscita 20 giugno)
«Lo stretto è una figura geografica, ma riflette anche una condizione dell’animo. Rimanda a una geografia interiore con le sue turbolenze, i suoi cul de sac e le repentine apertura» .
Gli stretti di mare sono una forma del pensiero: obbligano a misurarsi col limite, l’attrito, la necessità di mediazione. Crocevia di scontri e timori, sono dispositivi geografici attraversati da forze contrapposte , e non c’è potere che non abbia provato a controllarli, domarli, militarizzarli. Eppure in essi si cela anche la speranza dell’incontro e del ricongiungimento, dell’ibridazione, del racconto condiviso. Tra i migranti di Gibilterra e le navi mercantili di Suez , nello stretto di Messina come in quello di Bering , le correnti rimescolano le leggi della storia e dell’economia, traghettando di sponda in sponda paure, passioni e desideri. Compiere l’attraversamento significa confrontarsi con un intreccio di rotte, memorie e visioni reali o immaginarie che risuonano nella letteratura di ogni epoca: dal travagliato transito di Ulisse tra Scilla e Cariddi alla Istanbul di Pamuk , passando per le pagine di scrittori-navigatori come Stevenson e Conrad .
Gli stretti continuano a porre domande più che offrire risposte. Nei loro passaggi obbligati si riflette la geografia instabile del nostro tempo .
Piero Zanini è ricercatore al Laboratoire Architecture Anthropologie de l’École Nationale Supérieure d’Architecture de Paris-la-Villette, dove insegna Antropologia urbana. Tra le sue pubblicazioni, Significati del confine (1997) e, con Franco La Cecla, Una morale per la vita di tutti i giorni (2025).

Direttore responsabile di No#News Magazine.