….. la giacca a vento e i collant rossi, la ragazzina corre dritta davanti a sé.

… La vita è soltanto costellata di casi dell’ultimo minuto, tanti piccoli nulla decisivi che sfidano presagi e previsioni e se la ridono delle nostre aspettative.

All’interno della schiera che si disfa Éva rallenta il passo e si lascia superare. Avverte le grosse gocce che le cadono dalla frangia sulla fronte. Lei è nuova i questa scuola, in questo quartiere, in questa città. Non ha ancora parlato molto con gli altri compagni.

Prova la sensazione confusa di non essere più niente, di essere invisibile.

Éva corre spedita lungo la sua piccola traiettoria di abbandono, ignorando che nello stesso istante sua madre, che si è appena versata una forte dose di solitario oblio, un bicchiere colmo di indifferenza pura, si sta comunque precipitando verso di lei. Ma è ancora troppo lontana per arrivare in tempo all’uscita della scuola.

La disperazione non ha cuore, la mano resta sempre della disperazione senza fiato, della disperazione il cui gelo non ci dice mai se è morta.

Non è tanto la pioggia, ma una solitudine aspra che cade sulle cose.

Lei conosce la sua follia. Sa che potrebbe non tornare mai più. Gioca con questa possibilità: non tornare mai più!

Presto sarà grande, avrà meno bisogno di me … Un giorno mi lascerà. Siamo state troppo sole, tutt’e due … Lei più di me, probabilmente. Le nostre solitudini non comunicano …

Una giovane donna perduta in una vuota contemplazione.

Tempo dilatato. Non è più la stessa città. Non sarà più la stessa vita. Ordinario e terribilmente vischioso, l’evento si è avvinghiato sulle cose come un polipo.

… ci ispirava un rispetto carico d’odio, un’ammirazione piena di risentimento. Più bella era la sua prestazione, più crudeli sarebbero state le ricreazioni.

Che cosa aveva in realtà vissuto quel ragazzo massiccio, e che cosa dimenticava, che cosa cercava leggendo senza sosta?

È così che alcuni esseri attraversano la nostra vita, depositandovi larve innominabili. Depongono le uova di un genere imprevedibile, poi scompaiono mentre queste larve, o queste uova, sembrano morire o decomporsi. Ma un giorno ..…..

Libri palpitanti che trasudavano frasi come se fossero sangue.

Un brivido di piacere scuoteva Vollard. Allora, le sue mani si impadronivano di quei blocchi di scrittura. Li palpava, li tastava, li valutava, li girava, li apriva febbrilmente, annusava l’odore di colla e di carta.

Con il pensiero rivolto a quella polvere d’infanzia che non era stato capace di trattenere tra le sue grosse dita.

Il nulla paradossale, il nulla infine visibile, finalmente materializzato! La perfezione del nulla! Il nulla puro. Il nulla facile. Il nulla senza storie, senza complicazioni. Il nulla delle apparenze che richiedevano solo d’essere attraversate.

…si allontanarono camminando in direzioni diverse.

A ciascuno il suo deserto. A ciascuno la sua neve interiore.

 

Éva, Thérèse, Etienne Vollard, e i loro destini che si incrociano.

Un pomeriggio, Éva attenderà, come sempre, la madre sul marciapiede della scuola mentre il cancello del grande edificio verrà chiuso alle sue spalle. Come sempre anche quel giorno la madre di Éva è in ritardo. Insolitamente, invece di attenderla, si incamminerà verso casa senza aspettarla anche se non ne conosce il percorso.

Da questa decisione scaturisce il primo incontro tra Éva ed Etienne, non sarà un incontro piacevole perché sarà proprio il furgoncino di Etienne a mandare Éva in ospedale.

In ospedale, Etienne conoscerà Thérèse. Una madre sola, una madre che più che restare preferisce partire.

Saranno le parole, interi brani di alcuni testi che Etienne ricorda a memoria e che le narrerà mentre è seduto a fianco al letto in cui giace, che faranno si che Éva si risvegli dal coma in cui è sprofondata dopo l’incidente.

Thérèse è incapace di parlare alla figlia “addormentata”.

Per chi ha amato “L’eleganza del Riccio” per chi ama le storie tristi e il profumo che le contraddistingue. Per chi ama i libri che fanno piangere ma anche sperare, e per chi crede che le “parole” hanno il magico potere di infrangere le corazze che induriscono i cuori.

Un libro che semplicemente colpisce il cuore.

Recensione La piccola Chartreuse di Pierre Péju, #Le parole hanno un potere: resistono alla morte e al silenzio

La piccola Chartreuse
di Pierre Péju
Neri Pozza 2004 (168 pp.)
traduzione di Riccardo Fedriga