“Giura” l’ultimo libro di Stefano Benni, è una storia d’amore a tappe lunga una vita. Inizia dall’adolescenza dei due protagonisti che si inseguono raccontandosi senza mai riuscire ad amarsi fino in fondo, vittime di una profezia che ogni volta ne sancisce la separazione.
La trama è un dialogo ininterrotto tra i due le cui voci si alternano nella narrazione, sullo sfondo di un paesaggio rurale ancora quasi incontaminato dall’avanzare del progresso. Il contesto dove loro e gli altri pittoreschi personaggi vivono non è dei più felici ma ci viene mostrato con ironica schiettezza e un tocco di magia che elevano le bassezze e i colpi brutali della vita.
Si chiamano Febo e Lunaria, detta anche Luna, i due precoci amanti. Lui vive con i nonni, ha l’abitudine di arrampicarsi su un noce e far spaziare lo sguardo per la campagna, soffermandosi sulla casa dell’amica e amandola da lontano. Lei è muta, selvaggia e ha una nonna strega di cui vorrebbe, forse, seguire le orme.
“Sono un grande scalatore di tutto, infatti mi chiamo Febo ma di soprannome Codino, perché ho una vertebra sporgente che sembra una piccola coda, prova della mia scoiattolitudine […].
È pallida coi capelli neri fino alle ginocchia e tutti dicono che è matta: non parla è selvaggia non porta scarpe non vuole andare a scuola ha due occhi che spaventano il cielo, ma io la conosco e la amo.”
Hanno 13 anni e già si amano, ma la separazione arriva presto sinistramente accompagnata dall’avvento del progresso che inevitabile porta trasformazioni distruttive nel paese. Entrambi vengono spediti in città, lei affidata dai servizi sociali a un collegio dove un dottore lungimirante scoprirà che il suo mutismo non è reale, e lui ai suoi genitori con un senso di solitudine profondo che lo renderà perso e perennemente inquieto.
Ci sono gli anni che passano e i tempi concitati, intensi, divorati, dell’università e, tra pensieri di suicidio e ricerca di un’identità, si sfiorano senza accorgersene. Fino a ritrovarsi su un’isola. Febo è diventato uno che pensa in grande e vorrebbe salvare il Pianeta, Lunaria è concreta e aiuta i bambini che hanno problemi a parlare. Sarebbe il momento perfetto per potersi amare fino in fondo ma la profezia che li costringe loro malgrado a separarsi è in agguato.
Circostanze e chilometri continuano a scandire le battute dei loro incontri. Si rivedono cinquantenni quando Febo ha scoperto la gioia di amare un figlio e Luna è appassionata del suo lavoro. È l’ultimo incontro prima di un’altra separazione che chiude il cerchio. Decidono di tornare a vedere il paese da cui sono andati via adolescenti per scoprire che, nonostante la trasformazione, un piccolo angolo di bosco è rimasto ancora intatto con i “castagni gemelli” intrecciati come una volta.
“[…] Basta, il libro è finito. Quindi non scriverò più di te, ma niente potrà più separarci, siamo dentro a un incanto di parole, siamo insieme e non ci lasceremo più a meno che tu non voglia saltare in un altro libro, ce ne sono di migliori ma questo è il nostro.”
Il bello di questa storia è che sia uscita dalla penna di Stefano Benni che attraverso visioni fiabesche e mitologiche, un linguaggio poetico ma diretto, ci racconta di una realtà che si trasforma e della vita con anche le sue amarezze, e come sempre cattura.
La storia, però, è coinvolgente in maniera altalenante, di amori impossibili sembra di averne letto in chissà quanti luoghi, c’è come un sentore di aria nota. Tanto da chiedersi “C’era bisogno di un’altra passione senza speranza?”.
Eppure è proprio sul finale che si delinea il senso. Il mondo dell’autore che con rimandi spesso fiabeschi conduce verso la cruda realtà con anche un velo di malinconia, pare portare con sé un messaggio elementare ma di cui forse ci si scorda: della vita possiamo controllare ben poco perché forze più grandi agiscono su di noi. Forse non esiste neanche un destino ma solo dei legami che, quelli sì, possono superare tempi e distanze.
Quale miglior pensiero in questo presente di relazioni costrette a un sofferente distanziamento?
“Giura che non mi dimenticherai.
Giura su ogni scrigno di noce, e su ogni chicco di uva e grillo nascosto e stella del firmamento. Giura per il fiato che manca quando ci tuffiamo nella paglia, giù per dieci metri dal granaio, e dopo tanti voli siamo un po’ pesti ma felici.”

Dal mare sono approdata a Milano ormai 15 anni fa, la frenetica città è diventata così culla della mia formazione mentre le radici rimangono piantate tra salsedine e pini marittimi, in equilibrio nostalgico tra passato e presente.
Da sempre proiettata verso l’esigenza di esprimermi in maniera creativa, ho deciso di assecondare questa tendenza e studiare arte e poi moda, per poi scoprire che la cosiddetta “creatività” è applicabile a ogni ambito dell’esistenza, quando parliamo col vicino di casa, andiamo a far la spesa o ci si intasa il lavandino, quando cuciniamo per dieci persone con due ingredienti nel frigo o cerchiamo di far quadrare i conti alla fine del mese.
Come un’ape in cerca del polline vago tra i miei molteplici interessi, alcuni sfumati nello scorrere degli anni e altri ancora in auge. Tra i fiori verso cui attingo al momento ci sono i libri, lo swing, la pittura, il vino e il cibo, il teatro, lo studio dello yoga e di uno stile di vita più “umano”. La scrittura, invece, è rimasta costante della mia vita.
Scrivo da quando ho iniziato a dare senso compiuto alle parole, inizialmente per istinto e necessità e poi per passione, prediligendo in assoluto il gesto postumo di correggere per cento e più volte il testo battuto di getto sulla tastiera. Sono incuriosita da tutto ciò che è comunicazione (compreso il silenzio), quel ponte tra noi e il mondo ultimamente troppo sottovalutato.