Nel panorama dell’arte contemporanea internazionale, pochi artisti hanno saputo creare un linguaggio tanto riconoscibile quanto rivoluzionario come Daniel Buren. Le sue iconiche strisce verticali alternate, bianche e colorate, sempre larghe 8,7 centimetri, sono diventate uno degli strumenti visivi più potenti e distintivi del XX e XXI secolo. Oggi, questa straordinaria ricerca artistica trova una nuova dimensione espositiva a Pistoia, dove dall’8 marzo al 27 luglio 2025 Palazzo Buontalenti ospita “Daniel Buren. Fare, Disfare, Rifare. Lavori in situ e situati 1968-2025“.
L’artista delle bande verticali e la sua rivoluzione estetica
Nato a Boulogne-Billancourt nel 1938, Daniel Buren ha attraversato oltre cinquant’anni di produzione artistica mantenendo una coerenza stilistica che non ha mai significato ripetizione sterile. La sua ricerca, iniziata a metà degli anni Sessanta, ha progressivamente abbandonato il linguaggio astratto tradizionale per approdare a quella semplificazione formale che oggi lo rende immediatamente riconoscibile in qualsiasi contesto espositivo mondiale.
Il motivo a strisce, che l’artista francese ha definito il suo “outil visuel” (strumento visivo), nasce dall’utilizzo di tessuto industriale e rappresenta molto più di una semplice scelta estetica. È un dispositivo concettuale che permette a Buren di interrogare costantemente il rapporto tra opera d’arte e spazio che la accoglie, tra creazione artistica e contesto architettonico, tra permanenza e trasformazione.
La distinzione fondamentale tra opere “in situ” e “situate”
Una delle chiavi di lettura più affascinanti del lavoro di Buren risiede nella distinzione teorica e pratica tra opere “in situ” e opere “situate”. Mentre i lavori in situ nascono specificatamente per un determinato luogo e non possono essere trasferiti altrove senza perdere il loro significato originario, le opere situate mantengono la possibilità di essere idealmente trasferite in altri contesti, purché sussistano specifiche condizioni spaziali.
Questa riflessione metodologica permette all’artista di sviluppare un processo creativo dinamico che la mostra pistoiese sintetizza efficacemente nel titolo “Fare, Disfare, Rifare”. Buren non si limita a riproporre meccanicamente i suoi lavori, ma li rielabora, li trasforma e li reinventa in funzione dei nuovi spazi che li accolgono, creando ogni volta un dialogo inedito tra forma artistica e architettura ospitante.
Il percorso espositivo di Palazzo Buontalenti
L’esposizione pistoiese, curata dallo stesso Buren insieme a Monica Preti, direttrice di Fondazione Pistoia Musei, si articola in tredici sale che offrono una panoramica completa dell’evoluzione artistica dell’maestro francese. Il percorso si apre con due sale dedicate alle ricerche pittoriche della metà degli anni Sessanta, dove sono esposte opere con collage su carta e grandi dipinti su tela di cotone che documentano il progressivo avvicinamento al motivo delle bande verticali.
Particolarmente significativa è la presenza di sperimentazioni video come “Da un riquadro all’altro 5 immagini/frammenti di un modello ritrasmissione simultanea, scala 1:1”, reinterpretazione con strumentazioni aggiornate di un lavoro in situ del 1974 realizzato presso il centro di produzione video art/tapes/22 di Firenze, testimonianza della prima presenza di Buren in Toscana.
La corte interna di Palazzo Buontalenti accoglie “Découpé/Étiré”, ripresa inedita di un lavoro del 1985 che occupa tutto lo spazio con una forma a croce. Come spiega lo stesso artista, si tratta di “una serie di portici che, come bambole russe, possono essere incastrati uno nell’altro, dal più grande al più piccolo, per formare un unico piano” che può essere “tagliato” in pezzi e dispiegato a piacimento.
Le “cabane éclatée” e l’architettura esplosa
Tra gli elementi più caratteristici dell’opera di Buren figurano le “cabane éclatée” (capanne esplose), strutture architettoniche elaborate per la prima volta nel 1975 che rappresentano una delle soluzioni più innovative dell’artista nel rapporto tra scultura e spazio. La mostra presenta due esemplari di queste costruzioni, del 1985 e del 2000/2019, che mostrano apertamente il loro telaio strutturale mentre alcune sezioni parietali vengono “esplose” nello spazio circostante o implose all’interno.
Queste architetture temporanee si inseriscono nello spazio per cui vengono progettate ma mantengono la possibilità di essere situate in altri luoghi, purché sussistano specifiche condizioni spaziali. La loro presenza in musei, gallerie e spazi all’aperto dimostra la versatilità concettuale del lavoro di Buren e la sua capacità di adattarsi a contesti diversi senza perdere efficacia comunicativa.
Il colore, la luce e la trasformazione dello spazio
La seconda parte del percorso espositivo esplora le più recenti evoluzioni della ricerca di Buren, con particolare attenzione al rapporto tra colore e luce. Opere come “Tryptique Electrique-Orange” e “Tryptique Electrique-Rouge” del 2014, composte da led fluorescenti e fibre ottiche, dimostrano come l’artista abbia saputo integrare le nuove tecnologie illuminotecniche nel suo linguaggio consolidato.
L’opera “Quando il colore si guarda, che vediamo di lui?”, creata/ricreata per l’occasione riprendendo un lavoro del 1990, introduce una riflessione sul colore e il suo riflesso che trova il suo culmine nell'”Arlecchino all’infinito”, un soffitto a cassettoni dai toni accesi che esalta il valore cromatico, la luminescenza e la trasparenza dei colori giallo, blu, rosso e verde che si espandono nello spazio.
Gli interventi urbani e il dialogo con Pistoia
L’esposizione non si limita agli spazi interni di Palazzo Buontalenti ma si estende alla città con due significativi interventi urbani. Nello sdrucciolo della chiesa di San Jacopo in Castellare, sul muro esterno di Palazzo de’ Rossi, si trova “Dalla terrazza alla strada: livello”, che richiama le azioni urbane degli “Affichages Sauvages” della fine degli anni Sessanta. Una striscia con bande bianche e nere sembra “slittare” sulla parete, adattandosi con naturalezza alla struttura architettonica.
In piazza del Duomo, all’esterno dell’Antico Palazzo dei Vescovi, “La facciata ai venti” presenta una sequenza di tessuti a righe bianche e nere alternate e verticali, sospesa alle arcate del loggiato e animata da ventilatori che producono un movimento cromatico in dialogo con i motivi della Cattedrale, del Battistero e dello stesso palazzo.
Il legame storico con la Toscana
La mostra pistoiese non rappresenta un episodio isolato ma si inserisce in un rapporto consolidato tra Buren e il territorio toscano che risale al 1974. Oltre alla già citata esperienza fiorentina al centro video art/tapes/22, l’artista ha realizzato nel territorio pistoiese diverse opere permanenti che testimoniano questo legame duraturo.
Tra queste spiccano “Muri Fontane a tre colori per un esagono” (2005-2011) nel parco di Villa La Magia a Quarrata, gli interventi all’interno del Padiglione di Emodialisi dell’Ospedale di Pistoia ex Ceppo (2005) e “La Cabane Éclatée aux Quatre Salles” (2005) nella Collezione Gori – Fattoria di Celle a Santomato. Queste realizzazioni dimostrano come l’arte di Buren abbia saputo radicarsi nel tessuto culturale e urbano della provincia pistoiese.
L’eredità artistica e il riconoscimento istituzionale
Il conferimento della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Pistoia a Daniel Buren, previsto per l’8 marzo 2025, rappresenta non solo un riconoscimento del valore artistico internazionale dell’artista, ma anche dell’importanza del suo contributo al panorama culturale locale. Questo gesto istituzionale sottolinea come l’arte contemporanea possa creare ponti culturali duraturi tra diverse tradizioni e geografie.
La presenza del patrocinio dell’Ambasciata di Francia, della Regione Toscana e del Comune di Pistoia, insieme alla collaborazione con istituzioni come l’Institut Français e Galleria Continua, evidenzia la dimensione internazionale dell’evento e la sua capacità di attrarre l’attenzione del mondo dell’arte contemporanea su Pistoia.
La mostra “Daniel Buren. Fare, Disfare, Rifare” rappresenta dunque molto più di una semplice esposizione retrospettiva. È un’occasione per comprendere come l’arte contemporanea possa trasformare la percezione dello spazio urbano e creare nuove forme di dialogo tra passato e presente, tra tradizione architettonica e sperimentazione artistica, tra locale e globale. In un’epoca di crescente omologazione visiva, il lavoro di Buren ci ricorda l’importanza di mantenere vivo lo stupore di fronte alla capacità trasformativa dell’arte.