Arnaldo Pomodoro si è spento la sera di domenica 22 giugno 2025 nella sua casa milanese, alla vigilia del suo novantanovesimo compleanno. Con lui se ne va uno dei giganti della scultura contemporanea, un artista che ha saputo trasformare il bronzo in poesia, creando opere che dialogano con l’eternità e interrogano l’anima umana. Le sue iconiche sfere, i dischi solari e i labirinti hanno conquistato piazze e musei di tutto il mondo, ma è Milano la città che più di ogni altra custodisce il suo lascito artistico.

L’origine di un visionario: dalle colline romagnole ai sogni di bronzo

Nato a Morciano di Romagna il 23 giugno 1926, Arnaldo Pomodoro ha vissuto un’infanzia segnata dai paesagggi dolci delle colline del Montefeltro. Figlio di un padre dalle mille professioni che coltivava anche la poesia, il giovane Arnaldo respirò fin da subito un’atmosfera creativa che avrebbe plasmato la sua sensibilità artistica. La formazione autodidatta lo portò inizialmente verso l’oreficeria e la scenografia teatrale, discipline che gli insegnarono il valore del dettaglio e la capacità di lavorare con precisione millimetrica.

Gli anni Cinquanta rappresentarono la svolta decisiva: l’incontro con il movimento informale e la scoperta del bronzo come materiale espressivo privilegiato. Pomodoro comprese immediatamente le potenzialità di questo metallo, capace di mantenere intatta la forza espressiva attraverso i secoli. Le prime opere mostravano già quella tensione tra superficie levigata ed erosione interna che sarebbe diventata il marchio distintivo della sua poetica artistica.

La poetica delle superfici: quando il bronzo racconta l’anima

L’arte di Arnaldo Pomodoro si fonda su un paradosso affascinante: la perfezione geometrica esterna che nasconde un mondo di fratture, erosioni e complessità interne. Le sue celebri sfere di bronzo, con la superficie esterna lucida e perfettamente sferica, si aprono in squarci misteriosi che rivelano ingranaggi, texture e forme che sembrano appartenere a una meccanica cosmica. Questa dualità non è casuale, ma rappresenta la condizione umana nella sua essenza più profonda: l’apparente perfezione che cela la fragilità e la complessità dell’esistenza.

La tecnica di Pomodoro si basa sulla fusione a cera persa, un procedimento antico che lui ha saputo innovare e personalizzare. Ogni opera nasce da un lungo processo di progettazione, dove disegni preparatori e modelli in gesso si susseguono fino al raggiungimento della forma definitiva. Il bronzo viene quindi colato in forme che l’artista rompe successivamente, creando quelle fratture controllate che diventano finestre su mondi interiori.

Le superfici delle sue sculture raccontano storie di erosione e resistenza, di tempo che scorre e materia che persiste. I segni incisi, le texture rugose e i vuoti inquietanti creano un linguaggio visivo che parla direttamente alle emozioni, bypassando la razionalità per toccare corde più profonde dell’animo umano.

Le opere simbolo: sfere che attraversano continenti e culture

La “Sfera con Sfera” rappresenta forse l’opera più iconica di Pomodoro, con esemplari collocati presso le Nazioni Unite a New York, l’Università di Berkeley in California, il Trinity College di Dublino e il Museo Hirshhorn di Washington. Ogni sfera, con i suoi oltre tre metri di diametro, domina lo spazio circostante senza mai risultare invasiva, creando un dialogo armonioso con l’architettura e il paesaggio urbano.

Il significato simbolico di queste opere è stratificato e universale: la sfera rappresenta la perfezione cosmica, l’unità primordiale, ma anche la fragilità del mondo contemporaneo. Le fratture interne evocano le ferite della modernità, i conflitti, le contraddizioni di un’epoca che ha perso certezze antiche senza trovarne di nuove. Allo stesso tempo, la bellezza intrinseca di queste erosioni suggerisce che anche nella disgregazione può nascere una nuova bellezza.

I “Dischi Solari” costituiscono un altro filone fondamentale della produzione pomodorina. Queste ruote cosmiche sembrano congelare il movimento di antichi meccanismi celesti, evocando calendari maya, orologi astronomici, macchinari di civiltà perdute. La loro presenza nello spazio urbano crea portali temporali che collegano il presente a dimensioni mitiche e archetipiche.

Milano, museo a cielo aperto: le opere che abitano la città

Milano custodisce la collezione più significativa delle opere di Pomodoro integrate nel tessuto urbano. Il “Grande Disco” di piazza Meda è diventato un punto di riferimento cittadino: enorme, geometrico, scavato come una macchina antica. Quest’opera, realizzata nel 1991, trasforma la piazza in un anfiteatro cosmico dove i passanti diventano inconsapevoli attori di una rappresentazione che ha come protagonista il tempo stesso.

La “Sfera Grande” del Giardino Alessandro Manzoni, accessibile dalle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala, presenta un diametro di 350 centimetri e crea un dialogo suggestivo con la vicina Scala e il tessuto storico del centro cittadino. La sua posizione strategica permette di ammirare come l’arte contemporanea possa convivere armoniosamente con l’eredità architettonica del passato.

La “Sfera di San Leo” nel quartiere di Santa Giulia rappresenta invece un esempio di come l’arte di Pomodoro si adatti ai nuovi sviluppi urbani, portando bellezza e significato anche nelle aree di recente costruzione. Ogni opera milanese di Pomodoro non è semplicemente collocata nello spazio, ma riconfigura la percezione dell’ambiente circostante, creando nuovi centri di gravità emotiva e visiva.

Il labirinto: viaggio nell’universo creativo di Pomodoro

Il Labirinto Arnaldo Pomodoro, creato tra il 1995 e il 2011, rappresenta una straordinaria sintesi di tutto il percorso artistico dell’autore. Quest’opera ambientale si ispira all’Epopea di Gilgamesh, il primo grande poema allegorico della storia umana risalente al 2000 a.C., per condurre il visitatore in un viaggio iniziatico tra mito e memoria contemporanea.

L’esperienza del labirinto è profondamente immersiva: percorrendo i sentieri sinuosi tra pareti di bronzo e acciaio, il visitatore si trova catapultato in una dimensione atemporale dove i riferimenti spaziali ordinari perdono significato. Le superfici corrugate e frammentate creano giochi di luce e ombra che mutano continuamente, rendendo ogni visita un’esperienza unica e irripetibile.

Il labirinto non è solo un’opera d’arte, ma un ambiente di meditazione dove l’architettura si fa scultura e la scultura diventa spazio abitabile. I materiali utilizzati – bronzo, acciaio, pietra – dialogano tra loro creando armonie timbriche che coinvolgono tutti i sensi. Il suono dei passi sui diversi materiali, il riflesso della luce sulle superfici metalliche, il contrasto tattile tra levigatezza e ruvidità contribuiscono a creare un’esperienza totalizzante.

All’interno del percorso, citazioni e riferimenti all’arte antica e alle culture mesopotamiche si alternano a elementi di pura modernità, creando un palimpsesto visivo che racconta la continuità della ricerca umana di bellezza e significato attraverso i millenni.

L’eredità eterna: quando l’arte supera il tempo

L’opera di Arnaldo Pomodoro trascende le categorie tradizionali dell’arte per diventare filosofia materializzata. Le sue sculture non si limitano a decorare spazi pubblici, ma li trasformano radicalmente, creando nuove geografie emotive e simboliche. In un’epoca dominata dalla virtualità e dall’effimero, il suo bronzo rappresenta un ancoraggio alla materialità e alla durata, un promemoria della capacità umana di creare bellezza destinata a sopravvivere ai suoi creatori.

La ricerca formale di Pomodoro ha influenzato generazioni di artisti, ma soprattutto ha educato il pubblico a una nuova percezione dello spazio urbano. Le sue opere hanno dimostrato che l’arte contemporanea può dialogare con successo con contesti storici e architettonici diversi, arricchendoli senza mai sovrastarli.

Il linguaggio universale delle sue forme geometriche pure ha permesso alle sue opere di essere comprese e amate in culture molto diverse tra loro, dalla California al Giappone, dall’Irlanda a Israele. Questa capacità di comunicazione transculturale rappresenta forse il risultato più significativo di una ricerca artistica durata oltre sessant’anni.

Milano, città che ha adottato Pomodoro e che lui ha adottato come seconda patria, conserva ora il testimone più prezioso di questa straordinaria avventura creativa. Ogni giorno, migliaia di persone incrociano le sue opere senza forse rendersene conto, ma inconsciamente assorbono quella bellezza che continuerà a nutrire l’anima della città per le generazioni future.

Nella sera del 22 giugno 2025, mentre Arnaldo Pomodoro si spegneva dolcemente nella sua casa milanese, le sue sfere di bronzo brillavano ancora sotto le luci della città, eterne custodi di una visione artistica che ha saputo rendere l’infinito tangibile e il mistero dell’esistenza una realtà scultorea da contemplare e abbracciare.