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#Andràtuttobene: tranquilli, il peggio deve ancora venire

#Andràtuttobene: tranquilli, il peggio deve ancora venire

La storia ci insegna che è già successo più volte e il presente sembra dirci che succederà ancora: la vita sulla Terra, compresa quella del genere umano, è a rischio estinzione e il futuro potrebbe avere una data di scadenza non troppo lontana.

In effetti, in tutta la sua storia, l’essere umano è stato testimone di una moltitudine di estinzioni di esseri viventi, siano essere animali o piante, che si sta peraltro intensificando nel tempo.

Basti pensare che tutti i più influenti scienziati del mondo parlano, oggi, di Sesta Estinzione di massa riferendosi al numero di volte in cui, a causa di cambiamenti climatici estremi, diverse specie di animali e piante hanno smesso di esistere. Seppur l’uomo creda arrogantemente di essere immune a questo processo naturale, diverse testimonianze attestano anche l’estinzione di specie umane. Rimanendo con un piede nell’incertezza e uno nella storia antica, la prima civiltà ad essere completamente scomparsa nel nulla risulterebbe essere quella di Atlantide. Dapprima collocata nel mondo sottomarino, sembra invece essere stata costituita da persone (anche molto evolute) che vivevano sulla terra ferma. Si suppone, poi, che la loro fine sia stata decretata dalla caduta di uno sciame di meteoriti e comete sulla Terra che avrebbe persino spostato l’asse terrestre e fatto sprofondare la città sul fondo del mare. La civiltà perduta per eccellenza è, invece, quella dei Maya. Tra il 300 e il 900 d. C. questo popolo ha vissuto un’epoca di grande splendore: ha inventato la matematica e la scrittura, costruito piramidi e palazzi ma non tutto è andato per il verso giusto. Tra le ipotesi avanzate circa la sua estinzione, quella ritenuta più valida si fonda sull’inadeguato utilizzo dell’agricoltura, alla base della sua sopravvivenza. Infatti, non conoscendo ancora la rotazione delle colture, i Maya resero il loro terreno sempre meno fertile e con l’arrivo della siccità, addirittura sterile. Molti morirono per mancanza di sostentamento e coloro che, invece, riuscirono ad abbandonare i territori vennero sterminati all’arrivo degli spagnoli.

E oggi? La sesta estinzione riguarderà anche la specie umana oppure l’uomo se la caverà anche stavolta?

La pandemia che tutto il mondo sta vivendo non sembra essere un segnale incoraggiante, anzi: secondo il parere di pensatori e brillanti scienziati, il prossimo anno sarà peggiore di questo e quello dopo ancora peggio del precedente, verso una decadenza che porterà alla fine del mondo o, almeno, di quello conosciuto. Il virus che l’umanità sta affrontando è solo una conseguenza di tutta una serie di eventi concatenati l’un l’altro e la cui responsabilità, diversamene dalle estinzioni passate, sembra essere attribuibile quasi completamente all’uomo e al suo operato. I combustibili fossili e l’inquinamento dell’aria, gli allevamenti intensivi per il consumo esagerato di carne e persino l’eccessivo spreco di acqua che prosciuga laghi e fiumi non fanno altro che rendere sempre più chiara ed evidente l’apocalisse che potrebbe avvenire in un arco temporale di circa dieci anni. Ciò non vuol dire che l’umanità sprofonderà in un buco nero o che all’improvviso smetterà di esistere ma che in maniera lenta e inesorabile regredirà e si autodistruggerà.

Visione troppo pessimista? Forse. Realistica? Altamente probabile. A promemoria di questa previsione, esistono addirittura dei veri e propri orologi che segnano il tempo che resta: uno si trova a Chicago ed è un’idea degli scienziati della rivista Bullettin of the Atomic Scientists, l’altro è stato installato a New York ed è opera di Gan Golan e Andrew Boyd. Il primo nasce settant’anni fa come previsione della guerra atomica ma oggi, ogni anno le lancette si spostano in base agli avvenimenti che mettono a rischio il futuro dell’umanità. Non è dunque strano che, quest’anno, si sia arrivati a soli 100 secondi dalla mezzanotte del mondo. Più moderno ma di certo non più rassicurante è, invece, il Climate Clock, l’orologio digitale posto nella celebre Union Square americana in occasione della settimana dedicata al clima. In base al tempo segnato dall’opera, mancherebbero circa sette anni al raggiungimento del punto di non ritorno della Terra, dato dall’eccessivo innalzamento delle temperature globali.

È vero, queste previsioni sono inquietanti, forse meritate per i continui e ripetuti maltrattamenti verso la natura che ci ha dato sostentamento, libertà ed evoluzione e fanno venir voglia di chiudersi in sé stessi e aspettare semplicemente la fine ma… c’è sempre un ma che, in questo caso, potrebbe salvare il mondo e l’umanità: la speranza nel futuro e la fiducia nell’uomo di oggi e nelle generazioni di domani, associate ad una forte azione collettiva.

L’uomo è da sempre l’essere che meglio si adatta ai cambiamenti, la specie che vince le avversità e mai si arrende. La speranza di una svolta, di un miglioramento, deve essere il faro che guida le azioni di tutti gli abitanti della Terra, che spinge l’animo ad impegnarsi per uscire dal lungo e buio tunnel in cui si trova. La luce del faro della speranza, nonché quella che ci sarà in fondo al tunnel, è sicuramente fatta di fiducia: quella in sé stesso, che ha permesso all’uomo di raggiungere traguardi che sembravano impensabili in ogni aspetto della vita e quella nel futuro e in chi ne terrà le redini, per non ripetere gli errori del passato e costruire un mondo nuovo, solido, pulito e certamente più vivibile per tutti. Per fare ciò, risultano indispensabili tutta una serie di azioni che partono dal basso, dall’individuo comune ma che possono avere una risonanza tale da influenzare l’andamento dell’intero pianeta. E non si tratta di lanciare il classico messaggio del “facciamo la raccolta differenziata”, “non sprechiamo il cibo” e “rispettiamo l’ambiente senza sprechi” … Oggi, le azioni sono quelle semplici ma forse più incisive di chi impara a curare una pianta con amore; di chi prepara un piatto caldo alla vicina anziana e chi regala i vestiti che non mette più a chi un bel vestito non ce l’ha; di chi insegna a un bambino che un atto di bontà ne genera, inevitabilmente, un altro. Così, con il rispetto nel cuore e la gioia negli occhi, il mondo forse cambierà comunque ma non si estinguerà perché #andràtuttobene, davvero.

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